Un soffio, solo un soffio
e la polvere del passato ti invade,
sale su per le narici, impietosa
colmandoti i polmoni
soffocandoti.
Come dimenticare l'urlo che nasce dalle viscere.
Quel dolore che profondo
si fa spazio tutt'intorno
rabbuiandoti.
Quando le stelle di dentro
diventano fioche, le maree si annullano,
si vive eternamente
gravitando nel dolore.
Un padre che sopravvive ai propri figli
diventa un buco nero
che inghiotte immense luci,
senza neanche farci caso.
Fortunato chi dice "il tempo medica!”
Non conosce quel dolore
che ovatta tutti i suoni
e oscura ogni colore.
Come una ladra è arrivata l'ombra,
ha allungato quel giorno la sua falce
e subdola il pungiglione, crudele
ha conficcato nell'unico mio giglio.
Ma se un giardino pieno
ne avessi avuto,
non avrei risparmiato la mia vita
perché a me, fosse lui sopravvissuto.
Guardati intorno. Dimmi che vedi.
Non vedi forse la cenere sparsa
lasciata da quella supernova
che ci inondò accecandoci?
Non vedi forse, i brandelli di pelle
sparsi dovunque e spettri d'alberi
dov'era il corso tranquillo dei fiumi
negli impietriti solchi d'adesso?
Dimmi che vedi,giovane del domani!
Fammi capire cosa videro
dopo quel fungo nauseabondo
quelli che mentre il mio mondo moriva,
osannanti urlarono "vittoria!".
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