domenica 24 novembre 2019

in memoria delle vittime di Hiroshima e Nagasaki




Un soffio, solo un soffio 
e la polvere del passato ti invade, 
sale su per le narici, impietosa 
colmandoti i polmoni
soffocandoti.

Come dimenticare l'urlo che nasce dalle viscere. 
Quel dolore che profondo 
si fa spazio tutt'intorno 
rabbuiandoti. 

Quando le stelle di dentro 
diventano fioche, le maree si annullano,
si vive eternamente 
gravitando nel dolore. 

Un padre che sopravvive ai propri figli 
diventa un buco nero 
che inghiotte immense luci, 
senza neanche farci caso. 

Fortunato chi dice "il tempo medica!”
Non conosce quel dolore 
che ovatta tutti i suoni 
e oscura ogni colore. 

Come una ladra è arrivata l'ombra,
ha allungato quel giorno la sua falce 
e subdola il pungiglione, crudele 
ha conficcato nell'unico mio giglio. 

Ma se un giardino pieno 
ne avessi avuto, 
non avrei risparmiato la mia vita 
perché a me, fosse lui sopravvissuto. 

Guardati intorno. Dimmi che vedi. 
Non vedi forse la cenere sparsa 
lasciata da quella supernova 
che ci inondò accecandoci? 

Non vedi forse, i brandelli di pelle 
sparsi dovunque e spettri d'alberi
dov'era il corso tranquillo dei fiumi 
negli impietriti solchi d'adesso? 

Dimmi che vedi,giovane del domani!
Fammi capire cosa videro 
dopo quel fungo nauseabondo 
quelli che mentre il mio mondo moriva, 
osannanti urlarono "vittoria!".





Un ultimo sfavillio e la luce assorbirà i colori

 Arranca nell'ascesa l'umana specie
giacché la creta il soffio ne assorbì
e l'anima fece prigioniera di materia.

Ninive è vicina 
ma il giusto non si trova.

Fermi al passo, attori attoniti
stretti dalla morsa dell'adesso .

La spada dell'ordine dell'Alfa e dell'Omega
mostra minaccioso di Misericordia
Michael con l'orma del buio pesto sotto la suola.

Taccia la bonaccia e la  tormenta scemi,
si ascolti il soffio della Parola Viva 
oltre la roccia della stolta indifferenza.

Uni-verso  al baratro affonda
e il Servo si fa l' Uno a cui legarsi alla cordata

Diventa imperativo
risalire la roccia sgretolata

dietro il Pastore Bianco che indica la strada.
.

sabato 8 giugno 2019

Nel giorno di Pentecoste


Frustrati dall'abbandono
aggrappati alla promessa
all'ora media tramontata
stretti, al doloroso mistero della madre.
Muti in cotanta moltitudine in attesa
Nel cuore una supplica si sciolse
e ripetemmo Vieni, Consolatore Vieni

Non vi fu tuono ne bagliore alcuno
quando lacrime di fuoco scesero su noi
Sciolta e ogni pena, ogni affanno, ogni dolore.
Caldo il cuore ci divenne, e forte il senno.
Le vene colme di una linfa novella
ci nutrirono la fede e dissetarono di ogni aridità.

Vieni dicemmo; Vieni e sei venuto.
Spirito Paraclito, Santo, tre volte Santo,
di grazie colma ancora questa umana specie
Ridona ancora sorriso all'anima dispersa,
saggezza al cuore stolto che Verità rifugge,
riscalda quelli freddi, e dei tiepidi abbi cura.

Perdona me, spesso distratta, dagli affanni quotidiani.
Veni , vieni, vieni ancora.